Valenza processuale del modulo cai a doppia firma

Il modulo C.A.I. a doppia firma, pur non avendo valore di piena prova, genera una presunzione iuris tantum valevole nei confronti dell’assicuratore il quale potrà superarla fornendo prova contraria.

E’ quanto stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione, VI Sez. Civile, con l’ordinanza n.25468 del 12/11/2020.

La vicenda

Due persone danneggiate nel corso di un incidente stradale convenivano in giudizio coloro che erano stati i responsabili del fatto assieme alla compagnia assicurativa designata alla liquidazione dei danni di competenza del Fondo di garanzia per le vittime della strada, per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni patiti a seguito di un sinistro stradale avvenuto nel 2012, tra la loro autovettura e quella condotta, per l’appunto, dai danneggianti, priva di copertura assicurativa.

Nel corso del primo grado di giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Trani, si costituiva la società designata alla liquidazione dei danni di competenza del Fondo di garanzia. Il Giudice di Pace, a conclusione della vertenza, rigettava la domanda poiché dal giudizio non era emerso alcun elemento istruttorio idoneo ad accertare il verificarsi dell’evento con le modalità descritte dagli attori.

Avverso questa decisione, i danneggiati proponevano appello, ma il Tribunale di Trani, confermando la sentenza di primo grado, rigettava il gravame sia nell’an che nel quantum, sulla base di una integrale contestazione da parte della compagnia convenuta. Infatti, il Tribunale non ravvisava alcuna violazione da parte del giudice di primo grado, nella valutazione del materiale probatorio disponibile. La mera mancata comparizione della parte chiamata a rendere interrogatorio formale non poteva efficacemente integrare il valore indiziario delle dichiarazioni rese nel modulo di contestazione dai due conducenti delle auto, in assenza, peraltro, di testimoni del sinistro.

I danneggiati proponevano ricorso per Cassazione.

Il motivo di ricorso

Con il il primo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentavano la “violazione o falsa applicazione delle norme di diritto in tema di valutazione delle prove sulla responsabilità del sinistro stradale, in particolare la violazione del D.Lgs. 209 del 2005, art. 143, comma 2 con conseguente omissione o erronea valutazione delle prove acquisite essenziali circa un fatto controverso e decisivo”.

Secondo i ricorrenti, sia il Giudice di Pace che il Tribunale avrebbero erroneamente valutato il modello CAI a doppia firma, in cui si descrive la dinamica del sinistro stradale. Mentre il primo non avrebbe in alcun modo preso in considerazione tale modello, il Tribunale gli avrebbe attribuito un mero valore indiziario e non di presunzione legale. Invero, il ricorrente affermava che il modulo di constatazione amichevole, quando comunicato all’assicuratore in sede stragiudiziale, come avvenuto nel caso di specie, ha valore di presunzione legale fino a prova contraria della veridicità delle dichiarazioni ivi contenute, secondo quanto affermato dalla sentenza Cass. n.22415/2017. Solo nel caso in cui il suddetto modulo venga presentato esclusivamente in sede giudiziale esso avrà mero valore indiziario. La compagnia assicurativa, d’altro canto, non avrebbe fornito alcuna prova contraria per contestare i fatti così come descritti nel modulo, pertanto il giudice di merito avrebbe dovuto considerare la dinamica del sinistro così come ivi esposta.

Decisione e Motivazione

La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo ed ha cassato la sentenza impugnata con rinvio.

La valenza processuale del modulo di contestazione amichevole di incidente (C.A.I.) è una questione controversa nell’ambito del contenzioso di responsabilità civile automobilistica. A livello normativo, la disciplina rilevante è l’art. 143, comma 2, Codice Assicurazioni Private, il quale prevede che: “Quando il modulo sia firmato congiuntamente da entrambi i conducenti coinvolti nel sinistro si presume, salvo prova contraria da parte dell’impresa di assicurazione, che il sinistro si sia verificato nelle circostanze, con le modalità e con le conseguenze risultanti dal modulo stesso”.

I problemi interpretativi sono sorti in merito alla opponibilità di tale dichiarazione all’assicuratore, soggetto diverso dai conducenti che hanno firmato la dichiarazione. In merito sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n.10311/2006, chiarendo che il modulo C.A.I. a doppia firma, pur non avendo valore di piena prova, genera una presunzione iuris tantum valevole nei confronti dell’assicuratore il quale potrà superarla fornendo prova contraria. Hanno inoltre chiarito che il giudizio debba essere uniforme e unitario per tutte le parti, danneggiato, responsabile e assicuratore, senza che il modulo possa valere in maniera differente tra questi, alla luce dell’art. 2733 c.p.c., comma 3 secondo cui, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice.

La Cassazione, nella sentenza n. 22415/2017 ha ulteriormente chiarito che “la denuncia di sinistro stradale deve esser trasmessa, pur senza la prefissione di un termine, all’assicuratore prima di citarlo in giudizio, non solo per informarlo delle circostanze, modalità e conseguenze del sinistro, onde consentirgli la liquidazione stragiudiziale del danno derivatone, ma anche, nel caso di denuncia congiunta, ai fini della presunzione, fino a prova contraria a carico di esso assicuratore, della veridicità delle dichiarazioni ivi contenute; se invece il modulo di constatazione amichevole è portato per la prima volta a conoscenza dell’assicuratore nel corso del giudizio nei suoi confronti, le predette dichiarazioni hanno valore soltanto indiziario”.

La Corte ha infine precisato che nel caso di specie il modello C.A.I. a doppia firma era stato comunicato alla compagnia assicurativa in fase stragiudiziale, secondo quanto indicato dal ricorrente, che ha indicato con precisione il documento ed il luogo della produzione. Pertanto decisivo è il documento per averlo il ricorrente posto a base della censura.

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